Ente Autonomo Teatro Comunale di Bologna presenta:
La traviata (1973)
Opera in tre atti di Francesco Maria Piave - Musica di Giuseppe Verdi
- Interpreti pricipali: Raina Kabaivanska (Violetta) Gianfranco Pastine (Alfredo) Franco Bordoni (Giorgio) Wilma Colla (Flora) Primi ballerini: Layla Rimoldi - Alfredo Kollner
- Maestro Concertatore: Armando Gatto
- Regia: Mauro Bolognini
- Maestro del coro: Leone Magiera
- Coreografie: Giuseppe Urbani
- Scene e Costumi: Pier Luigi Pizzi
- Maestro del ballo: Carlo Faraboni
Link Wikipedia
- 1.Kabalvanska 2.Pastine 3.Bordoni 4.Gatto 5.Bolognini 6.Magiera
Programma di sala (pagine 24)
- Struttura drammatica e musicale in "LA TRAVIATA" (Adriano Cavicchi)
- Libretto
- Interpreti
- Fotografie
Struttura drammatica e musicale
Il grado di percezione di un'opera d'arte è di regola influenzato dal livello di cultura e di sensibilità di chi si accinge a stabilire un rapporto di conoscenza o di approfondimento con l'opera stessa. La saggistica musicale di questi ultimi anni ha dibattutto spesso l'assioma se alla comprensione dei « fini ultimi della musica» - come diceva Nicola Vicentino - sia indispensabile una preparazione tecnica oppure sia sufficiente un normale grado di cultura fecondato dalla consuetudine all'ascolto attivo. Nell'arco di questa tematica La Traviata di Verdi si pone come testo particolarmente adatto ad essere analizzato per le sperimentate possibilità che quet'opera possiede di essere fruita ai più disparati livelli di preparazione. L'occasione di riascoltare un'opera così popolare e a ragione considerata tra le massime creazioni del genio verdiano, ci offre l'opportunità di proporre un tipo di analisi - e di conseguenza di ascolto - consapevolmente vòlto a cogliere quelle complesse articolazioni drammatico-musicali che costituiscono i punti chiave dell'intelaiatura strutturale dell'opera. A causa di tale scelta siamo costretti a tralasciare un aspetto complementare del mondo di Traviata, certo non irrilevante, concernente le implicazioni di tipo socio-ambientale. Verdi stesso deve essere considerato l'autore del taglio scenico di Traviata (derivandolo da “La Dame aux Camelias” di Alexandre Dumas figlio) venendo di fatto a limitare l'apporto del librettista Francesco Maria Piave alla sola funzione di verseggiatore. I tre atti che costituiscono il dramma sono distanziati nel tempo e consentono di cogliere i profondi mutamenti psicologici che investono i tre personaggi principali. Come ai tempi dei primi successi verdiani, “Nabucco e Lombardi”, dove l'assunto drammatico di ogni atto era condensato in un titolo, anche in Traviata si può cogliere nei tre atti il motivo dominante: l'amore, la rinuncia, la morte. L'azione dell'opera si svolge contemporaneamente su diversi piani: quello primario concerne l'evolvere dell'amore di Violetta, il secondario mira a realizzare una penetrante e feroce descrizione della Parigi mondana, scettica e gaudente ove gli autentici sentimenti vengono abitualmente irrisi; ad un ulteriore piano di spettacolarità e di economia drammatica appartengono le parti corali. L'atto primo s'apre con la mirabile descrizione di una festa mondana in casa di Violetta. L'indiscussa e pressoché unica capacità di Verdi di cogliere attraverso un tema apparentemente banale i più complessi significati psicologici di una situazione è ben nota. Il tema della festa realizza in modo mirabile il significato dell'allegria voluta, di una certa eleganza tutta esteriore, di un mondo sociale assolutamente falso e artificioso. A questo clima di sensuale vacuità corrisponde la seconda idea musicale di questa scena, col suo carattere insinuante costituito di semi minime puntate discendenti. Stupenda soluzione in crescendo di questa scena è il famosissimo “Brindisi”. Completa la feroce descrizione d'ambiente il “Valzer” anche questo un motivetto quasi caricaturale che sotto l'apparente banalità preannunzia in modo inquietante l’imminente tragedia. Abbiamo detto che il tema principale di Traviata è l'amore di Violetta; in questo senso Verdi, per riuscire a mettere in chiaro l'evoluzione dei sentimenti della protagonista che da uno stadio di superficiale, cinico e disincantato scetticismo si trasforma per amore in creatura capace del sacrificio supremo, ha bisogno di creare un personaggio totalmente positivo come Alfredo. Forse l'unidirezionalità degli ideali che spingono il giovane amante ne fanno scadere la portata drammatica del suo ruolo a livello di deus ex machina; ma al compositore interessa delineare prima di ogni altra cosa la trasformazione psicologica che avviene in Violetta quindi la staticità drammatica di Alfredo diventa un punto fermo di riferimento. E’ appunto il giovane amante, nel rivelare il suo segreto amore, ad esprimere una delle frasi fondamentali dell'opera: “Di quell'amor”. Il valore psicologico, tematico e strutturale di questa splendida melodia che dalla tonica attraverso due battute alla dominante arriva di nuovo alla tonica nell’arco di un'ottava discendente, esprime anche per la perfetta tornitura ed equilibrio della frase, l'amore perfetto, assoluto e incrollabile di Alfredo. La risposta di Violetta è evasiva, sarcastica e superficiale: ritrae con rara efficacia la natura psicologica della protagonista prima di essere presa nel vortice dell'amore. Ma dopo la conclusione della scena d'insieme la giovane rimane sola; turbata e come in ricordo la sua memoria ripercorre le parole d'Alfredo. Qui l'arte di Verdi raggiunge risultati di penetrazione psicologica di eccezionale pregnanza nel dipingere l'animo di Violetta combattuto da un lato dall'amore, dall'altro dalle regole del gioco mondano. Il primo atto è quindi basato, anche dal punto di vista della struttura, sul tema dell'amore di Alfredo che col suo ritornare, quasi come un frammento di ricordo, nel finale « fuori campo », permea di sé tutta la prima parte dell'opera. Cinque mesi sono trascorsi dal primo atto, da tre mesi Violetta e Alfredo vivono felici nella campagna presso Parigi. Entra nella vita dei due amanti il padre di Alfredo, il vecchio Germont che viene con le sue astuzie di esperto uomo di mondo a strappare a Violetta la rinuncia all'amore. A metà del secondo atto compare il tema fondamentale dell'opera, il tema dell'amore di Violetta che però rappresenta l'amore inteso nella sua più alta dimensione cioè come rinuncia: “Amami Alfredo”. L'aspetto di questo squarcio di effusione che adombra una derivazone dal precedente di Alfredo, disegna chiaramente l'interiore sentimento di Violetta. Col suo arco melodico iniziale di settima discendente ripetuto due volte ha un carattere interrogativo quasi la protagonista volesse chiedere a se stessa ragione di un amore così profondo; la frase si conclude con un'affermazione grandiosa e inequivocabile dei suoi autentici sentimenti nel registro vocale dove la sua voce si espande con il massimo di forza ed espressività. Il tema di Violetta, cioè della -rinuncia d'amore- costituisce il centro strutturale e di più alta concentrazione affettiva dell'opera. E’ curioso che tale tema compaia in pratica alla precisa metà della composizione; cioè -l'Amami Alfredo- rappresenta contemporaneamente il vertice catartico del dramma di Violetta e l'esatta metà della composizione. Di fatto musicalmente abbiamo, dall'inizio a questo punto una tensione ascensionale; dallo stesso punto alla fine la logica conseguenza di quanto premesso nella prima parte. Anche dal punto di vista drammatico gli avvenimenti che succedono dopo la rinuncia di Violetta rappresentano, pur nell'incalzare di eventi dolorosi, la parabola conclusiva del dramma. Nel terzo atto, quando Violetta a letto ormai morente attende Alfredo leggendo la lettera di Germont, ricompare in orchestra come in un dolcissimo ricordo il tema - dell'amore di Alfredo - che, premonitore di tragedia, trascolora in un impietoso accordo di settima diminuita. Da mettere in evidenza l'indovinato effetto di «stacco» drammatico specie dal precedente clima espressivo - e ulteriore suo approfondimento con «Addio del passato» - costituito dal carnevalesco “Baccanale”. Anche se «fuori campo» questo coro blocca l'incedere inesorabile della tragedia con una pausa sapiente: tale fermata consente l'arrivo di Alfredo e lo svolgersi di quello splendido duetto che ormai per i due amanti rappresenta un consapevole inganno. Il concertato finale a tre dove disperato e pentito subentra Germont, si conclude con una mirabile ed eterea memoria del tema dell'amore di Alfredo sul quale Violetta ormai morente e servendosi del cantato-parlato trapassa sul disgregarsi cromaticamente discendente del tema. I due preludi, all'atto primo e terzo, furono verosimilmente composti ad opera conclusa. In questi due brani, di stringata e lapidaria forza espressiva, appare il tema iniziale degli archi che vorremmo chiamare « messaggero di morte ». La funzionalità di tale motivo, che sotto molti aspetti sembra suggerito dal tema del Graal dal Lohengrin (1850, stampato nel 1852 un anno prima di Traviata), è da ricercare nel principio di contrasto con i due temi d'amore. Con la sua ieratica, composta e cupa astrazione tale motivo rappresenta l'incombere della morte e significativamente contrasta con i temi vitali di “Amami Alfredo e Di quell'amar”, cioè i temi della vita. La sua funzione sul piano drammatico e psicologico è quella di un'astratta costellazione sonora concepita con lo scopo di richiamare la memoria dello spettatore alla cruda e tragica realtà. Di conseguenza il valore strutturale di questo tema si può definire di tipo “esterno”. I due preludi, dopo l'annuncio del tema del presagio di morte - che in tutti e due i brani si presenta identico malgrado le apparenti differenze d'impianto tonale - l'uno descrive l'animo tormentato di Violetta, combattuto tra il profondo sentimento d'amore e i condizionamenti socio-ambientali del mondo in cui vive; l'altro, nella ripresa idealizzata della seconda parte del tema “dell'amore di Alfredo”, il senso della disperazione per qualcosa di irrimediabilmente perduto. I due temi di Alfredo e Violetta che sotto certi aspetti si configurano come una specie di proiezione, con diversi caratteri, dell’uno dell’altro, posseggono in comune l’espressiva e forte inflessione iniziale che s’appoggia discendendo immediatamente per semitono e tono. Su questi due intervalli discendenti è condensata l'idealizzazione verdiana del dramma di Alfredo e Violetta. Quale elemento di mistero o di dolorosa commiserazione deve essere ricordato anche l'intervallo di semi tono che si flette discendendo su un grado importante, spesso un sesto abbassato che s'appoggia al quinto. L'individuazione della macrostruttura e della microstruttura che stanno alla base di Traviata non intendono condizionare negativamente l'ascolto più consueto basato sull'abbandono al fluire delle immortali melodie verdiane; vuole semmai proporsi quale strumento utile a raggiungere una conoscenza di fatti strutturali e di sintesi che rappresentano un aspetto fondamentale per la comprensione di questo capolavoro.
ADRIANO CAVICCHI