Teatro alla Scala di Milano presenta:
L'Amore dei tre re (1952)
Poema tragico in tre atti di Sem Benelli - Musica di Italo Montemezzi
- Interpreti principali: Costantina Araujo (Flora) Giacinto Prandelli (Avito) Giuseppe Valdengo (Manfredo) Nicola Rossi Lemeni (Archibaldo)
- Maestro Concertatore: Victor De Sabata
- Regia: Mario Frigerio
- Maestro del coro: Vittore Veneziani
- Bozzetti e figurini: Felice Casorati
- Direttore allestimento: Nicola Benois
Programma di sala (pagine 16)
- Un fortunato punto d'incontro (Riccardo Castagnone)
- Bozzetti dellle scene
- Argomento
- Interpreti
- Fotografie
L'argomento
Atto primo - L'azione è situata in un castello italiano quarant'anni dopo un'invasione barbarica. Archibaldo, vecchio e cieco, disceso in Italia attrattovi con le sue genti da sete di conquista, è stato a sua volta soggiogato dalla bellezza del paese e dal fascino della sua antica civiltà. Flaminio non ha mai smesso tuttavia di vedere in lui soltanto lo straniero dominatore e il ricordo che per avere pace è stato costretto a dare in isposa a suo figlio Manfredo Fiora, già promessa al principe Avito, ne tiene vivi i sentimenti ostili. Fiora e Avito hanno continuato ad amarsi e, con la complicità di Flaminio e approfittando delle assenze di Manfredo, a incontrarsi segretamente. Ma questa notte Archibaldo ha avvertito che presso la nuora è un estraneo, e ora la interroga ansiosamente, minacciosamente, per sapere se tradisce il consorte e con chi. I dinieghi di Fiora sono deboli. A Manfredo di ritorno Archibaldo risparmia la dolorosa rivelazione.
Atto secondo - Manfredo prende nuovamente congedo da Fiora: è triste, perchè la ama teneramente e soffre della sua freddezza. Fiora si commuove e gli promette che salirà sul muro merlato per salutarlo mentre egli si allontanerà. Giunge Avito. Fiora è dibattuta tra la passione per lui e la pietà per Manfredo: vorrebbe allontanare, per sempre, l'amante, ma Avito non sa rassegnarsi. Il colloquio è interrotto da un'ancella che porta l'ultimo dono di Manfredo: un lungo velo bianco per il promesso saluto. L'atto gentile scuote ancor più profondamente Fiora. Riappare Avito per un estremo addio, e invece un impulso fatale risospinge gli amanti nelle braccia l'uno dell'altro. Archibaldo, implacabile, vigilava. Invano Fiora tenta d'ingannare la sua cecità. Archibaldo afferra la donna, la incalza per strapparle la confessione del peccato e il nome dell'amante, le serra nelle mani la gola, sempre più forte. Manfredo torna d'improvviso e pur nella disperazione di saperla colpevole non ha per lei che parole di bontà.
Atto terzo - Fiora è composta nella cripta della chiesa. Uomini e donne la piangono. Scesa la notte, rimane solo Avito che bacia la bocca di Fiora. Lo sorprende Manfredo e gli svela che il padre cosparse di potente veleno le labbra della morta. Avito cade, poi anche Manfredo, deciso a non sopravvivere a colei che tanto amava, bacia Fiora sulla bocca. Archibaldo giunge, s'avvicina al catafalco e come ode la voce di Manfredo agonizzante comprende l'atroce epilogo della tragedia che egli stesso ha ordito.