Teatro alla Scala di Milano presenta:
Lumawig e la saetta (1956)
Fantasia mimo-coreografica in tre quadri di Maner Lualdi. Musica di Adriano Lualdi
- Interpreti: Ugo Dell'Ara (Re bicolore e Lumawig) Giuliana Barabaschi (Habina) Giulio Perugini (Wenka) Vera Colombo (Afrodite) Roberto Fascilla (Apollo) Walter Venditti (Dioniso) Bruno Telloli (Hermes) Aldo Santambrogio (Astrologo)
- Maestro Concertatore: Luciano Rosada
- Regia: Maner Lualdi
- Maestro del coro: Arnaldo Mantovani
- Direttrice del ballo: Esmee Bulnes
- Coreografie: Ugo Dell'Ara
- Bozzetti e Figurini: Nicola Benois
Link Wikipedia
1. Dell'Ara 2. Barabaschi 3. Perugini 4. Colombo 5. Fascilla 6. Venditti 7. Rosada 8. Lualdi
Programma di sala (pagine 36)
- Il programma è condiviso con l'opera "Werther"
- Nascita e metamorfosi di "Lumawig" (Giulio Cogni)
- Bozzetti delle scene
- Argomento
- Interpreti
- Fotografie
L'argomento
Praehistoria. Primo quadro. Siamo nella Grande Foresta, e precisamente nella capitale del Popolo Bicolore (i maschi scuri fino alla cintola, verdastri più in giù, le femmine il contrario). Vi regna una sonnolenza grave. Un colpo di gong, e la foresta si sveglia. Fra le fronde filtra tuttavia soltanto una luce lunare. In due semicerchi si dispongono i Parlamenti, quello degli animali, presieduto dal Super Serpente musicale e Boa, e quello degli uomini, presieduto dal Re Bicolore III. Questi annuncia che stanno ritornando i messi da lui inviati fra gli uomini lontanissimi allo scopo di ottenere modelli per un Olimpo di divinità, ritenute da lui ormai molto necessarie per dar ordine e miracoli agli uomini. Il vecchio Capo Astronomo indaga intanto nel ciclo. Ancora un colpo di gong e l'astronomo precipita per l'emozione: la missione dell'Olimpo sta arrivando, preannunciata da un volo di Hermes sulla scena. Giunge così la nuvola-pullman, che si libra fra le fronde degli alberi, da cui discendono gli istruttori, e presentano i loro modelli degli Dei. Appaiono così le figure di Apollo, Dioniso, Afrodite. All'apparire di quella di Zeus si scatenano; boati e saette. Re Bicolore lII, ansioso di potere, vuoI toccare le saette di Zeus: ma queste al contatto fulminano e mandano scintille. Tuttavia, a differenza degli altri, egli resiste con uno sforzo di volontà al circuito; mentre tutti fuggono si proclama da sé Zeus, ossia Lumawig in linguaggio locale, dio della saetta e, grosso modo, degli arbitrii. Gli istruttori lo bardano, mentre serra saldamente in pugno gli arnesi del potere, le saette. Intanto ritornano a scaglioni i membri dei parlamenti, che erano fuggiti. Un pallido tentativo di un altro, di proclamarsi divino anche lui, viene stroncato da Lumawig, che basta da solo nell'Olimpo, e costringe sulla terra gli aspiranti celesti. Guidato da Hermes, e accompagnato dai fidi, sale sale sempre più verso l'alto, mentre solo le scimmie tentano vanamente di rincorrerlo sugli alberi. La luce si affloscia; la foresta ridiventa pigra e assonnata.
Historia. Secondo quadro. Ritorna la luce: una luce fredda, livida. S'odono voci lontane di richiamo. Entrano uomini e donne bicolori recando frutta e legni preziosi e danzando. Un giovane gagliardo, Wenka, esprime il suo amore ad Habima, una bellissima fanciulla. Ma si annuncia ad un tratto il temporale. E Lumawig che debutta come dio delle tempeste. Tutti ridono dapprima ai suoi maldestri tentativi, ma poi fuggono impauriti. Resta soltanto Wenka, innocentemente fiducioso. Il fortunale esplode in tutta la sua potenza, e giunge su una nuvola Lumawig, pieno di boria, il quale, scorto Wenka, gli lancia contro una saetta, che si fa strada comicamente fra i rami degli alberi, lo raggiunge e lo fulmina. Passata la tempesta, tornano gli uomini e le donne e constatano costernati la sciagura. Iniziano una danza funebre, a cui partecipa anche Habima, mentre dal cielo s'ode la grassa risata di Lumawig. Allora scoppia la ribellione. La scena muta e siamo sulla cima di una montagna.
Terzo quadro. A destra del giogo una caverna. È notte di luna. Sul vertice la nuvola di Lumawig. Dalla caverna esce Helios, che reca il sole, e, appoggiata una scala al cielo, ve lo appende. Un colpo di gong: il sole si accende. Lumawig si sveglia e si agita all'improvviso fulgore. In ordine sparso arrivano dalla valle profonda i giovani e le ragazze bicolori che iniziano una danza di sfida contro Lumawig. Ma Lumawig non li degna neanche di uno sguardo, e sbadiglia ordinando la difesa. A un tratto la danza guerriera è interrotta dal sopraggiungere di Habima seguita da una pattuglia di bellissime donne, che dapprima si rivolgono al nume implorando, poi iniziano una danza lasciva, che soffia sul trono lontano un ciclone d'amore. Lumawig è turbato; sorride, si leva dal trono e, dopo qualche esitazione, scende dalla nuvola con le saette in pugno. La danza lo rapisce e nell'ebbrezza tenta di afferrare Habima, pur cercando di conservare posizioni di sicurezza sulla montagna. Ma poi tutti vengono calamitati dalle femmine. A Lumawig cadono di mano le saette. Un attimo di religioso, collettivo terrore. Lumawig non è più dio. Soli nel mezzo della scena restano l'impietrito Lumawig e Habima. Questa toglie a uno dei servi una saetta, e la scaglia nel cielo per rompere l'incantesimo che le ha rapito lo sposo. Scoppia il fulmine, seguito da un tuono spaventoso; il cielo si oscura. Lumawig, la sua nuvola e il suo trono si disperdono in fumo e fiamme. Il popolo bicolore danza e canta la propria gioia.