Teatro alla Scala di Milano presenta:
Don Carlo (1954)
Dramma lirico. Parole di Francois Joseph Mèry e Camille du Locle - Musica di Giuseppe Verdi
- Interpreti principali: Maria Meneghini Callas (Elisabetta) Ebe Stignani (La principessa Eboli) Mario Ortica (Don Carlo) Enzo Mascherini (Rodrigo) Nicola Rossi Lemeni (Filippo II) Marco Stefanoni (Inquisitore)
- Maestro Concertatore: Antonino Votto
- Regia: Otto Erhardt
- Maestro del coro: Vittore Veneziani
- Bozzetti e figurini: Nicola Benois
- Direttore allestimento: Nicola Benois
Programma di sala (pagine 24)
- Risurrezione di un capolavoro (Massimo Mila)
- Bozzetti dellle scene
- Argomento
- Interpreti
- Fotografie
L'Argomento
Atto primo - Primo quadro - Nel convento di San Giusto, dove è eretta la tomba di Carlo V, il sovrano che, secondo la leggenda, avrebbe fatto credere alla propria morte e si sarebbe invece ritirato nel monastero in penitenza. Un coro di frati prega presso la tomba. Un frate particolarmente si umilia: è l'Imperatore. La sua voce atterrisce Don Carlo che si aggira in preda al più cocente dolore per essersi visto portar via dal padre la donna amata: il marchese di Posa, dopo aver cercato inutilmente di alleviarne la pena, gli consiglia di partire per le Fiandre dove il popolo invoca il suo aiuto. Passano Filippo ed Elisabetta. L'inatteso incontro turba la Regina e l'Infante. Rodrigo e Don Carlo si giurano eterna amicizia.
Secondo quadro - Alle porte del chiostro. Attorniata da dame e paggi la principessa di Eboli intona una vaga canzone. Esce dal convento Elisabetta, alla quale Rodrigo consegna uno scritto di Don Carlo. La Regina acconsente a ricevere il figliastro, già suo promesso sposo. L'Infante le chiede dapprima di intercedere presso il Re perchè lo autorizzi a partire per le Fiandre. Poi la passione trabocca. Anche Elisabetta ne è travolta e tuttavia supplica Don Carlo di allontanarsi. Giunge Filippo e trovando sola la Regina ne fa colpa alla dama d'onore, la contessa d'Aremberg, che punisce riman dandola in Francia. Rimasto con il marchese di Posa, Filippo è commosso dalla descrizione degli eventi fiamminghi e confessandosi padre infelice e marito torturato dal dubbio lo incarica di scrutare "quei cor che un folle amore trascina".
Atto secondo - Primo quadro - Nei giardini della Regina a Madrid. Don Carlo ha ricevuto un biglietto che gli fissa un appuntamento per la mezzanotte. Appare una dama che egli scambia per Elisabetta. E' invece la principessa d'Eboli che gli strappa così il suo segreto d'amore e che, folle di gelosia, minaccia vendetta. Interviene Rodrigo ma non valgono le sue parole a calmare la principessa. Il marchese di Posa si fa allora consegnare da Don Carlo i documenti che potrebbero perderlo e gli conferma la sua fedeltà.
Secondo quadro - Nella piazza dominata dalla chiesa di Nostra Signora d'Atocha il popolo inneggia al Re. Passa un coro di frati che accompagna al supplizio un gruppo di condannati dal Santo Uffizio. Un fastoso corteo esce dal palazzo reale. Sulla soglia della chiesa si affaccia Filippo. All'improvviso, irrompono, guidati da Don Carlo, i deputati fiamminghi che invocano giustizia per il loro paese. Il Re li tratta da ribelli. Don Carlo allora snuda minaccioso la spada. Rodrigo si interpone e si fa consegnare l'arma. Sorpresa dell'Infante e riconoscenza del Re che nomina Rodrigo duca. Il corteo muove verso la tribuna riservata per l'autodafè.
Atto terzo - Primo quadro - Filippo è nel suo studio: medita sulla sua vita senza amore e senza gioie e pensa alla morte che solo gli darà pace. Entra il Grande Inquisitore: la sorte dell'Infante è segnata, ma egli chiede al sovrano anche il sacrificio di Rodrigo. Filippo, al quale Rodrigo è ormai sempre più caro, tenta di opporvisi ma alla fine è costretto a cedere. Sopraggiunge poi Elisabetta, che denuncia la sparizione del suo scrigno dei gioielli: fu la principessa d'Eboli a sottrar glielo e a consegnarlo al Re, il quale ora lo apre e crede di scoprirvi la prova del tradimento di Elisabetta: il ritratto del figlio. Invano la Regina nega. Pentita che la gelosia l'abbia spinta a un gesto così vile, accorre la principessa assieme a Rodrigo: domanda perdono alla Regina e decide, prima di ritirarsi in un monastero, di consacrarsi alla salvezza di Don Carlo.
Secondo quadro - Rodrigo va a visitare l'Infante in prigione e gli annuncia che per salvarlo si è proclamato unico responsabile dell'agitazione delle Fiandre mostrando quei documenti che si era fatto consegnare da lui. Ma un colpo di archibugio sparatogli alle spalle lo ferisce mortalmente. Non serve oramai che Filippo venga a ridare libertà al figlio. Don Carlo, piangendo l'amico perduto, lo rinnega. Mentre la principessa d'Eboli mascherata esorta Don Carlo a fuggire, il popolo tumultuante penetra nel carcere invocando l'Infante e solo l'apparire del Grande Inquisitore ristabilisce l'ordine.
Atto quarto - Nel chiostro di San Giusto Elisabetta prega presso la tomba di Carlo V implorando oblio e pace. La rag giunge Don Carlo per l'estremo commiato: si recherà in Fiandra per realizzare il sogno di Rodrigo. Filippo, il Grande Inquisitore, i monaci del Santo Uffizio li sorprendono. Don Carlo si difende e indietreggia verso la tomba dell'avo. Il cancello si apre e ne esce, vestito del manto imperiale, Carlo V che, tra il terrore di tutti, porta con sè il nipote.