Il Piccolo Teatro della Città di Milano presenta:
Ma perché proprio a me? ovvero i contrattempi del tenente Calley (1972)
Di Luigi Lunari
- Interpreti: Oreste Rizzini, Gianfranco Mauri, Mimmo Craig, Francesco Di Federico, Pietro Buttarelli, Antonio Francioni, Gianni Elsner, Ginella Bertacchi, Anna Maria Lisi
- Canzoni: Robert Paul - Arthur Morey
- Scene: Paolo Bregni
- Costumi: Gianna Sgarbossa
- Regia: Enrico D'Amato
Link Wikipedia
Oreste Rizzini - Foto d scena
Programma di sala (pagine 44)
- Introduzione allo spettacolo
- Cronologia del Vietnam
- Biografia di Luigi Lunari
- La giustizia di un presidente (E.E. Agnoletti)
- Le canzoni di Morey e Paul
- Fotografie di Luigi Ciminaghi
Introduzione allo spettacolo
Con Ma perchè proprio a me?, ovvero I contrattempi del tenente' Calley di Luigi Lunari il Piccolo Teatro rinnova - dopo Il caso Oppenheimer, dopo Duecentomila e uno, e Interrogatorio all'A vana - la sua presenza all'appuntamento con le occasioni che la cronaca fornisce ad illustrazioni di temi o tragedie pur fondamentali della storia del nostro tempo. Diciamo «cronaca» poichè certamente neppure il caso di William Calley - come già il caso personale di Julius Oppenheimer - appartiene alla storia; ma anch'esso aiuta, per le implicazioni che tutti ci coinvolgono, e per la schiacciante sproporzione tra caso personale e significazioni generali, a portare sulla scena quella guerra del Vietnam che possiamo considerare il più grave caso di coscienza di questa seconda metà del nostro secolo. William Calley è insomma il personaggio in cui il caso ha messo a fuoco le contraddizioni, gli assurdi e le ragioni di questa guerra, e di cui il teatro - che di personaggi vive - può utilmente servirsi. Più degli stessi protagonisti della Storia: più di Nixon, di cui nulla sappiamo ad eccezione di alcune biblioteche di documenti ufficiali, e più del popolo vietnamita, di cui conosciamo ma non immaginiamo le sofferenze, e per le quali comunque non può bastare un volto, come non bastò - per altra tragedia - neppure quello di Anna Frank. Anche per queste ragioni - di pudore e di rispetto - Ma perchè proprio a me? non parla del Vietnam, ma dell'America: e cioè - in ultima analisi - di noi. E questo spiega il tono comico e grottesco con cui la storia di Calley è narrata. Calley è un uomo qualsiasi, nè migliore nè peggiore di altri, che parte per una guerra facile, per liberare un popolo buono da un mostro rossiccio e crudele, che per quanto forte non potrà resistere al più potente esercito del mondo. Ma Calley si trova poi di fronte a una realtà che testardamente rifiuta quello schema: il mostro non è mostro per tutti, nè tutti sono lieti che il grande esercito liberatore distrugga le risaie; il popolo buono sconfina pericolosamente in un'ostile popolazione di resistenti, e vengono a mancare soprattutto le tradizionali differenze tra civili da rispettare e nemici da uccidere. Nell'inaspettata «guerra totale» anche i bambini possono essere pericolosi, se ti indicano per buono un sentiero minato. Di frustrazione in frustrazione, Calley non fa che giungere alle logiche - seppur estreme - conseguenze: dunque bisogna uccidere i bambini!, per trovarsi poi - a sua totale sorpresa - sul banco degli imputati, colpevole di avere eseguito un ordine che pronunciato o non pronunciato che fosse, era comunque implicito nella situazione e nelle premesse. «Storia ambientata nel nostro mondo occidentale", al testo di Lunari e allo spettacolo di D'Amato manca quella componente documentaria - che pur sembrerebbe nevitabile e doverosa - sugli orrori di questa terribile guerra. L'esclusione nasce logicamente dalle premesse, e dall'opportunità che "immagine della violenza e dell'orrore non distraggano dall'analisi - sia pur grottesca - delle motivazioni e dei condizionamenti che hanno condotto il tenente Calley da Miami a Mylai. Ma dietro alla sua storia, dietro lo spettacolo, vi è anche questo, da non dimenticare; ed ecco perchè due pagine di questo programma sono state dedicate a riassumere in una serie di allucinanti immagini quella parte del problema Vietnam che non rientra in questa "storia occidentale". Per prenderne conoscenza bisogna acquistare una lente di ingrandimento, aguzzare gli occhi, compiere un piccolo sforzo di buona volontà: quello stesso piccolo sforzo con cui tanti di noi - leggendo tra le righe dei giornali e dietro le loro avare notizie - avrebbero potuto sapere anche prima, e forse evitare tanto di quel che poi è stato.