Teatro Eliseo e Compagnia Glauco Mauri presentano:
Re Lear (1999)
Di William Shakespeare
- Interpreti principali: Glauco Mauri, Roberto Sturno, Piero Sammataro, Vincenzo Bocciarelli, Gianni De Lellis
- Traduzione e Adattamento: Dario Del Corno
- Musiche: Arturo Annecchino
- Scene: Mauro Carosi
- Costumi: Odette Nicoletti
- Regia: Gauco Mauri
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1. Glauco Mauri - Roberto Sturno - Foto di scena
Programma di sala (pagine 50)
- Non note di regia (Glauco Mauri)
- Re Lear (Dario Del Corno)
- Vita di Shakespeare - Il Lear di Verdi (Marina Cavalli)
- Appunti sulla ventriloquia (Carlo Merlo)
- Appunti sul didjeridu (Roberto Sturno)
- Fotografie
NON NOTE DI REGIA
Lear - Noi veniamo al mondo con un grido: la prima volta che annusiamo l'aria è un urlo pieno di dolore e di pianto. E lo sai perché? Appena nati noi piangiamo perché siamo arrivati su questo grande palcoscenico di pazzi.
Dopo Spettri di Ibsen, Enrico IV di Pirandello, Il rinoceronte di Ionesco, abbiamo voluto coronare il nostro viaggio nella “follia” con il Re Lear di Shakespeare. In nessuna opera di Teatro l'inno alla follia si alza così commosso e terribile per raccontare la vita dell'uomo. Certo la follia è solo una componente di quel sublime crogiolo di umanità che è il Re Lear. E forse l'impossibilità di realizzare sulla scena questo testo, come alcuni sostengono, deriva dalla difficoltà di portare alla luce tutte le ambiguità, gli interrogativi, le scoperte tenere e crudeli che in esso si fondono in una armonia che spesso sfugge, come nella vita, ad una spiegazione razionale: d'altra parte è assurdo rendere razionale la poesia. In Shakespeare solo la comprensione dell'animo umano è di una coerenza poetica assoluta. E cosa c'è di più poeticamente coerente del Teatro per raccontare la vita? Si dice che il Teatro sia la metafora della vita, ma nel Re Lear sembra che la vita, per raccontarsi, abbia bisogno di farsi Teatro. Quante volte siamo costretti a “truccarci” per continuare ad essere fedeli al nostro sentire. Così è per noi attori. Quando in camerino io mi trucco per diventare Lear è per raccontare, sul palcoscenico, attraverso una finzione, la verità di un uomo. E il Re Lear è uno di quei capolavori in cui il palcoscenico acquista pienamente la sua magica capacità di raccontare la vita. Ecco perché raccontando la vita vogliamo anche raccontare il Teatro. Viviamo in un'epoca in cui tutto, con i mezzi tecnici di cui disponiamo, ci è imposto, tutto realisticamente già confezionato; senza la possibilità di intervenire con la nostra immaginazione. Perfino ai bambini la nostra società, a poco a poco, sta vietando di inventarsi con la loro immaginazione i propri giochi, di aprirsi al futuro facendo germogliare la loro creatività. Il Teatro è una forma d'arte che ridona all'uomo lo stupore di scoprirsi una fantasia così spesso umiliata da tanta pigrizia del cuore e della mente che ormai appartiene al nostro vivere. Naturalmente tutto questo nulla ha da vedere con le solite “note di regia” che io ho sempre pudore di scrivere perché spesso vi si dicono cose che poi lo spettacolo non riesce completamente ad esprimere. Dire cos'è il Re Lear, elencare tutte le possibilità che la sua interpretazione ci offre è come smarrirsi nell’impossibilità. Si spera solo che il palcoscenico possa venire in soccorso alla nostra limitatezza: sappiamo bene che mettere in scena Re Lear è un'impresa terribile. E allora, perché? La nostra non è incosciente presunzione ma un atto di amore nei confronti del pubblico e del Teatro; convinti che bisogna sempre osare e metterci in discussione perché il nostro lavoro possa servire alla vita. E nel Re Lear è la vita stessa che si rivela a noi: non si parla di un uomo ma dell'uomo. E come nella vita, dolore e gioia, tenerezza e crudeltà, amore e odio, tragico e grottesco, speranza e sgomento, si fondono in emozioni e scoperte: una Favola dove Shakespeare, con la “grazia” della poesia, parla di quella misteriosa e povera cosa che è l'uomo. L'uomo che, anche nei suoi errori, ci muove alla pietà e che ha bisogno di essere devastato dal dolore e illuminato dalla follia per tentare di comprendere la vita.
GLAUCO MAURI