Da COMOEDIA Num. 7 - 10 Dicembre 1919:
- "Bernardo l'Eremita" commedia in tre atti
Autore: Luigi Antonelli
BERNARDO L'EREMITA
Commedia in tre atti di Luigi Antonelli rappresentata la prima volta a Milano al Teatro Olimpia il 5 dicembre 1919 dalla Compagnia Gandusio.
Luigi Antonelli è nato in un paese d'Abruzzo, nei pressi di Atri. Il paese è senza nome e par che, di buono, all'infuori d'Antonelli, non abbia prodotto nulla. Atri però sembra abbia dato il nome all'Adriatico nei tempi in cui non si supponeva ancora che un altro grande abruzzese potesse mettere o tentare di mettere a soqquadro l'Italia e l'Europa per l'altare romano di Traù e per il Maraschino di Zara. L'anno di nascita è un problema simbolico come il nome del paese di nascita. Sembra sia nato fra l'ottanta e il novanta e fu chiamato sotto le armi insieme a Niccodemi, Simoni e Pastonchi. Studiò a Firenze: lettere. Gli abruzzesi, i romagnoli e i romani che han la lingua in casa quasi quanto i toscani, se possono, studiano a Firenze. I piemontesi, i milanesi e i veneti studiano a Torino, a Pavia e a Cuneo. Entrò giovanissimo in giornalismo. Dovette cioè, come tutti i giovani di quindici anni fa, curvarsi a quel duro mestiere che guasta stile, cultura, coscienza compensando gli avviliti con duecento franchi al mese. Fu a Roma a La Tribuna. Poi emigrò. Fu zingaro. E gli zingari han questo di buono; che immagazzinano non soltanto nella retina, ma anche nel cervello e nel cuore più mondo dei sedentari. E altro ancora han di buono; che riportano subito al paese, tornando, le forme d'arte moderna che i sedentari aspetterebbero vent' anni, seduti davanti al focolare. Fu alla direzione della Patria degli Italiani a Buenos-Ayres. Tornato fu redattore di La sera, a Milano. Scrittore d'istinto egli ha sempre sentito veramente soltanto il teatro. Ha scritto qualche novella: “Il pipistrello e la bambola” - Sonzogno 1919 - notevole, ma non ha mai dato alla sua prosa narrativa, crediamo, soverchia importanza. Non ha mai tentato il romanzo. La sua prima commedia: “La casa dei fanciulli” fu data più di dieci anni fa da Ermete Zacconi al Carignano di Torino, e ottenne molto successo. Altrettanto si può dire di “Il convegno” e “Il giardino del miracolo”. Il vero, il grande successo Luigi Antonelli l'ebbe però con L'uomo che incontrò se stesso che Gandusio dette per la prima volta all'Olimpia di Milano. Attori e autore furono chiamati ventun volte al proscenio e la commedia ebbe tale una teoria di repliche da temere il raffronto solo con “La cena delle Beffe” e “La maschera e il volto”. Buon successo ha avuto dopo, anche “La fiaba dei Tre Maghi”. Il teatro di Antonelli è stato fino ad oggi teatro di meditazione, di simboli, di poesia. Si stacca oggi con Bernardo l'Eremita da quella che poteva considerarsi la sua ricetta per compiere una evoluzione verso un teatro più immediatamente umano. Dovremmo dare un giudizio sul teatro di Antonelli in genere e sulla commedia che pubblichiamo in particolare? Non lo riteniamo opportuno. Forse non incontreremmo in tutta Italia un solo lettore di Comoedia che non abbia visto una volta almeno “L'uomo che incontrò se stesso” e che non sappia cosa pensarne secondo il suo criterio e il suo gusto. E quanto a Bernardo l'Eremita il lettore l'ha sott'occhio; legga attentamente e decida per conto suo. La critica è ormai, in Italia, tale sgualdrina da due soldi che i galantuomini non han nessuna voglia d'avvicinarla e d'adoprarla. Guido da Verona dice dei critici - come già diceva Giosuè Carducci -: sono ignoranti. Mariani dice: no, c'è di più: sono farabutti. Luigi Antonelli se gli facessimo qualche appunto, anche garbato, sarebbe capacissimo di non dir nulla, ma di toglierci il saluto per tre mesi. Perchè è un tipo bizzarro d'ipocondriaco scontroso. Un uomo che vive per conto suo, che non si vede mai in un caffè o in un ritrovo, che s'incontra difficilmente per strada. Sta chiuso in casa sua come in una tana forse in intima conversazione con i personaggi nascenti delle sue commedie. Va spesso a caccia e credo che il suo migliore amico sia “Bill” il suo setter gordon, miracoloso puntatore di beccaccini. Avremmo voluto offrire ai lettori anche la fotografia di “Bill” ma “Bill” è l'unico cane della letteratura italiana che non posa… COMOEDIA
BERNARDO L'EREMITA
PERSONAGGI: LUCIANO RIVA (BERNARDO L'EREMITA) - NORA FORSTER - Il Colonnello FORSTER - LUCIO ARSICOLA - RICCI parlatore di circostanza - ANNA, istitutrice molto giovane - GIULIA GORIO, miniaturista con occhiali - Una BARONESSA che sviene - Un COMMEDIOGRAFO anziano - Un PITTOTE FUTURISTA - Una SIGNORINA CHE CANTA - Un SIGNORE CHE LEGGE IL GIORNALE - Un SIGNORE CHE ZAZZERA - Un TERZO SIGNORE - CAMERIERE d'albergo - CAMERIERA di casa Forster.
L'azione a Roma nel tempo nostro.
ATTO PRIMO
Salone di un grande albergo. Gran folla di invitati in abiti di visita. Quando si alza il sipario una signorina finisce di cantare una romanza francese accompagnata dal pianoforte. Un vetrata divide la scena in due parti. Sul davanti son disposte le poltrone e le tavole della sala di lettura, mutata per l'occasione in sala di concerto. La porta comune sul fondo. Altra porta a sinistra. Tavolini, sedie di vimini. Un piccolo paravento è appoggiato alla parete verso il fondo. Pomeriggio primaverile.
SCENA PRIMA (Appena la signorina ha finito di cantare la sua romanza, l'uditorio applaude. Molti si alzano per stringer la mano alla cantatrice e complimentarla).
RICCI. (salenso sopra una sedia) Signori!
TUTTI. SSST!
RICCI. Signori, non ci diremo addio senza rivolgere un saluto riconoscente a coloro che col grandissimo loro nome allietarono e resero cospicua questa festa pomeridiana che si svolge, lasciatemelo dire, mentre la primavera romana occhieggia dalle finestre, e piove anzi, lasciate che io lo affermi, piove...
TERZO SIGNORE. Ma no!
RICCI. ... piove, si la sua opulenta grazia...
PARECCHIE VOCI. AH!
RICCI. Noi vediamo qui l'eccelentissima signora Gorio...
SIGNORA GORIO. (s'inchina)
RICCI. Le cui miniature sarei per dire...
TERZO SIGNORE. Giganteggiano!
SIGNORE CON ZAZZERA. Ma che giganteggiano!
RICCI. ... le cui miniature sono una decorazione squisita al trono dell'immortalità su cui si asside quel gigante... si veramente un gigante della pittura: l'illustre Senatore... E' Senatore?
VOCI. Si! Si!
SIGNORA GORIO. Grazie! Grazie per me e per lui! Vi dirò, poichè siamo fra intimi... e lui non ci sente... che è stato insignito recentemente dallo Scià di Persia del Gran Cordone dell'Elefante Bianco...
TUTTI. (con ammirazione) Ah!
RICCI. Orbene signori, quando un artista, un grande artista, è insignito del Gran Cordone dell'Elefante Bianco può veramente considerare l'umanità con pacata indulgenza e ritenersi soddisfatto della propria missione nel mondo. Dico questo per l'illustre Senatore Gorio. Ma qui vedo anche riuniti audaci giovani scrittori, drammaturgi e poeti... (con enfasi). Fiorisce evidentemente in questa primavera romana...
BARONESSA. (getta un grido acutissimo e si rovescia sulla poltrona su cui è seduta).
RICCI. (scende precipitosamente dalla sedia e corre in suo aiuto. Momento di confusione. Parecchi la sostengono e le fanno odorare dei sali).
SIGNORA GORIO. Ma che è stato?
SIGNORA CHE CANTA. Non so. S'è sentita male d'un tratto.
RICCI. Spero non sia stato il mio discorso a farla svenire.
BARONESSA. (un po' rinvenendo) Quel ferito!... quel ferito là... (accenna al di fuori a sinistra).
SIGNORA DAL GIORNALE. Un ferito? Dove?
BARONESSA. Là... là... là...
SIGNORA CHE CANTA. Ma no, baronessa!
BARONESSA. Là... là... là... Ho visto delle bende che fasciavano una testa... E del sangue, forse...
TERZO SIGNORE. Come forse? Era o non era sangue?
BARONESSA. Un dramma! Certamente un dramma ... ... ...
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