Da COMOEDIA - N. 2 - 25 gennaio 1921:
- "La macchinetta del caffè" commedia in tre atti
Autore: Silvio Zambaldi
Come autore Silvio Zambaldi ha avuto, un quarto di secolo fa e - ahi lui! - anche di, più, un inizio quasi lusinghiero: ha fatto rappresentare, nella stessa sera in due teatri diversi di Milano, uno scherzo comico dal Ferravilla e un attino drammatico da Ernesto Novelli; due interpreti che naturalmente lo fecero molto applaudire. Solo che, non possedendo egli l'ubiquità di sant'Antonio, non arrivò a tempo di raccogliere personalmente quegli applausi. Ma se la sua vanità di esordiente non ne fu lusingata, molto non se ne dolse poiché ha sempre avuto una specie di ripugnanza di mostrare al proscenio le sue non troppo apollinee forme. Ma ebbe allora un guaio peggiore: la critica, non sapendo lì per lì decidere se egli avesse più talento comico o drammatico, concluse col rimanere in una diffidente attesa. Il che non gli ha impedito di scrivere una quarantina di commedie d'ogni genere, con relativi successi e fiaschi, come toccano a qualsiasi autore che si rispetti. Ma una fortuna che non capita a tutti si è ripetuta singolarmente per lui: l'essere accusato di plagio. E questo gli ha fatto più “réclame” che forse egli non meriti. Perciò è sempre stato grato ai suoi accusatori, sapendo d'avere la coscienza pulita e vedendo il vantaggio che gliene veniva. E' stato plagiario Molière, un po' anche Goldoni, non parliamo di Sardou e di altri. O Dio, la compagnia non è cattiva e Silvio Zambaldi ci sta volentieri. Una volta sola ha scomodato Antonio Fogazzaro, Domenico Oliva e Leo di Castelnuovo perché gli rilasciassero un attestato... come dire? di buona condotta quale autore da teatro; l'ha ottenuto e gli basta per tutta la vita. Se invece ha avuto un torto come autore è stato quello di scrivere La moglie del dottore; è da dodici anni che gli pesa sulla coscienza. Guai incontrare un grandioso successo! Il buon pubblico non te lo perdona più ed esige in seguito l'impossibile; condanna al capolavoro. Silvio Zambaldi invece è un modesto lavoratore della scena (si dice così oggi) non organizzato in nessuna conventicola, non ha per la mente idee riformatrici né la pretesa di rivelare l'ignoto: prende il palcoscenico per quello che deve servire e s'attiene, come un buon medico di campagna, all' antica ricetta che è sempre la migliore e che per il teatro è questa: sincerità, sentimento e vita. Perciò i suoi innumeri personaggi, forse perché li ha spesso incontrati in carne ed ossa sulla terra, non tentano grandi voli ed esprimono i loro affetti e le loro intenzioni col linguaggio alla mano, da brava gente che non ha fisime e che sa di dover farsi intendere da tutti. Che, se qualche volta si son fatti fischiare, la colpa è tutta dell'autore che non li ha saputo rendere quali veramente volevano e dovevano essere. La penna più spesso della lingua deturpa il pensiero e tradisce la spontaneità. Sicché, quando egli cade, non se la prende col pubblico, con gli attori o con le stelle, ma recita il “mea culpa” e si rassegna. Sistema che ha molto giovato al suo invidiabile benessere fisico. Il pubblico è un po' come una donnina: qualche volta segue la ragione, qualche altra obbedisce ai suoi nervi. Avete moglie? Sì. Ebbene regolatevi col pubblico come con questa. Un marito saggio non perde mai la pazienza e, soprattutto, non si rovina il sangue; così afferma Silvio Zambaldi che ha fatto una lunga esperienza coniugale. Così per la stessa ragione per cui una tizia l'ha trovato simpatico e un'altra antipatico, gli è toccato di vedere una stessa commedia fischiatissima là e applauditissima altrove. Questa che si pubblica non ha avuto strane vicende; è semplice, piana, vera e ha sempre, più o meno, interessato e divertito. Portata alla ribalta da Tina di Lorenzo e da Armando Falconi, ripresa da Irma Gramatica e da Ernesto Ferrero, essa è ora nel repertorio di non poche compagnie e, quel che più fa piacere all'autore, in molte delle minori: perché questo è il miglior segno della sua vitalità.
La macchinetta del caffè - commedia in tre atti
Rappresentata la prima volta il 15 settembre 1916 al Teatro Diana di Milano dalla Compagnia Di Lorenzo Falconi ripresa in ottobre 1918 al Teatro Olimpia dalla Compagnia Gramatica.
Personaggi: DOMENICO CARLONI - LUIGI REVERI - IL CAV. BAROZZI - CELESTINA - LA SIGNORA MARTELLI - UNA CAMERIERA
ATTO PRIMO - ai tempi nostri.
Nel quartierino di Luigi. Siamo nello studio che Celestina ha adibito ai molteplici suoi usi. La scrivania è davanti alla finestra infiorata e ingombra di libri ammucchiati alla rinfusa, ce n'è sparsi anche per terra. Alle pareti scansie pure piene di libri e di scaffali. Sul davanti un tavolino è ingombro di lavori femminili, nell’angolo opposto alla finestra un paravento che ripara un manichino vestito C'è anche una piccola dispensa su cui si trova una macchinetta per fare il caffè. A destra la comune, dirimpetto l’uscio che mette nelle altre camerette. E' un pomeriggio di giugno.
CELESTINA - (Dietro il paravento, dove è anche Io specchio, sta provandosi una camicetta, cantando a piena gioia. La comune si apre d'un tratto e vi fa capolino Domenico. Celestina, riparandosi immediatamente) Chi è?
DOMENICO – Amici
CELESTINA - Non si può. Sono mezza nuda.
DOMENICO - Allora entro (Entra e richiude).
CELESTINA - E' una bella impertinenza!
DOMENICO - Oramai...
CELESTINA – Oramai che cosa?
DOMENICO – Non ci tengo più di ammirarti. Fa pure il tuo comodo. Cerco Luigi.
CLESTINA – E’ fuori.
DOMENICO – Lo aspetterò (Siede).
CELESTINA - Ma io non so quando torni.
DOMENICO - Non importa. Ho terminato l’ufficio. Non ho niente da fare... Non ti dà noia il fumo?
CELESTINA – Quei puzzolenti sigaracci…
DOMENICO – Il governo non passa di meglio (l’accende).
CELESTINA – E fuma. Tanto la finestra è aperta. Ma se Luigi tonasse in questo momento e ci trova, io in questo arnese e tu lì…
DOMENICO – C’è la distanza? Basta. E ti vengono proprio adesso gli scrupoli? Fammi il piacere! Del resto quando si è in camicia ci si chiude a chiave; poteva entrare qualcuno meno educato di me.
CELESTINA – L’avrei cacciato fuori.
DOMENICO – Resta a vedersi se si sarebbe lasciato cacciar fuori. In ogni modo io non guardo. E’ giugno per la strada ne vanno in giro tante e meno vestite di te. Non arrivo a capire su che cosa adesso guadagnino le sarte; bisogna proprio dire che vivono sulla pelle delle loro clienti.
CELESTINA – Come non te ne intendi!
Domenico – Questo a parte, tu oramai sei l’ultima, ripeto; che possa tentare la mia curiosità.
CELESTINA – Lalà … larallalà!
… … …