Da COMOEDIA - N. 2 - 25 gennaio 1920:
- "La canzone di Rolando" dramma in tre atti
Autori: Silvio Zambaldi - Armando Falconi
Silvio Zambaldi e Armando Falconi sono della stessa età, salvo sei mesi di differenza a vantaggio del secondo. Da ragazzotti si dice - e bisogna rispettare le opinioni – fossero due pessimi soggetti, il primo come studente, l'altro come impiegato. Forse perché non avevano ancora trovato la loro strada, benché s'incontrassero di frequente con le mani nelle rispettive tasche per colmare il vuoto delle medesime. "Che c'è di nuovo? - Niente. - Che idee hai? - Nessuna".
Erano entrambi d'una grande sincerità; non avevano nessuna idea né per il presente né per l'avvenire. Le idee sono venute dopo, molto dopo l'età della ragione che resta stabilita a sette anni. Tutti e due sani forti e robusti, tanto robusti che, specialmente nella seconda quindicina del mese, l'appetito diventava la maggior preoccupazione, avevano però delle risorse geniali che modestamente non vogliono qui illustrate. Sui vent'anni il loro orizzonte cominciò a rischiararsi, Armando mettendosi a calcare le orme paterne, lo Zambaldi dedicandosi pure risolutamente a fare del teatro. Quale dei due abbia avuto più buon naso non è qui il momento di giudicare. Quando s'incontravano erano le stesse domande: “Che c'è di nuovo? Si va avanti? Che idee hai. Molte e qualcuna buona.”
Tuttavia le preoccupazioni continuavano, tanto che i primi diritti d'autore del commediografo si risolvettero in un invito a pranzo da parte del capocomico, e la paga non bastava all'attore per permettersi il lusso di due paia di scarpe. Ma tutti e due avevano già sentito il solletico dell'applauso del pubblico e non ci sarebbe più stato modo di tirarli indietro. Passarono gli anni - non pochi purtroppo! - prima che la loro consistenza prendesse credito; ma ora sono già a buon punto e non è detto che ci si fermino. E come allo Zambaldi, a furia di scrivere commedie è venuto l'uzzolo di dirigere una compagnia drammatica di non inonorata memoria, cosi ad Armando, a furia di recitare e di dirigere, è saltato l'estro di scrivere commedie. Non ricordiamo bene se già pronta nel suo cassetto o nel suo cervello, egli vagheggia di metterne in scena un'altra dal titolo “Un bravo ragazzo” e crediamo che parli di se stesso. Ma se ne riparlerà a suo tempo, perché Armando come autore è d'una riserbatezza straordinaria; non sembra più l'attore che è diventato il beniamino del pubblico. A un nuovo incontro eccoli ancora a chiedersi: - “Che c'è di nuovo? – - Ma! Avrei… - Un' idea? - Sì. - Fuori l'idea”.
E Armando racconta all' amico d'esser assillato dal desiderio di riprodurre sulla scena un personaggio che per il suo ingegno, per le sue stranezze e per la sua rude bontà fu caro a molti, e specialmente ai giovini attori che raccoglieva di notte intorno al suo tavolino in un caffeuccio di Venezia; per non far nomi, il conte Luigi Sugana. - Magnifico tipo! - Che io interpreterei magnificamente. - Ma intorno all' osso ci vuole anche la polpa. - La polpa la si prende a prestito. - E un'operazione a cui, fortunatamente, abbiamo potuto rinunciare da parecchio tempo. - Non importa, si prende a prestito dalla fantasia, gli s'inventa per esempio una amante - ne avrà pur avute! - gli si appiccica un figlio o una figlia... Meglio una figlia, lo si fa incontrare con questa in condizioni drammatiche e lo si fa morire. - Addirittura? - Là, una bella morte d'effetto! Perché, se finora ho fatto ridere, voglio mostrare che so anche far piangere. Cosi è venuto fuori il dramma edito in questo fascicolo, e Armando Falconi vi ha ottenuto un successo e mezzo: uno come attore e mezzo come autore, perché l'altra metà spetta di diritto al suo valido collaboratore. Ed è veramente il caso di dire che ciascuno è stato interprete dell'altro, tanto che c'è da augurarsi che la collaborazione continui, perché tutti e due oggi, che non sono più ragazzi, sono diventati due bravi ragazzi che si comprendono per essersi ben conosciuti sin dall'inizio.
LA CANZONE DI ROLANDO
Dramma in tre atti rappresentato la prima volta a Torino al Teatro Carignano il 5 febbraio 1918 dalla Compagnia di Lorenzo- Falconi.
Personaggi: IL CONTE D'ASTICO - STEFANO LANDI pittore - IL DOTTOR MARINI - MAZZA giornalista - BOLLA - IL PROFESSOR CAMBISE - GASPERI attore - UN VECCHIO PENSIONATO - IL CAFFETTIERE DELLA "STELLA" - SAETTA cameriere - FLORA - GIUSEPPINA - FRANCESCA - DORETTA - OLIMPIA - ROSETTA - Giocatori di biliardo e altri clienti della "Stella".
Qualche anno fa. ATTO PRIMO
Al caffè della Stella - Uno dei vecchi caffè ove tutto è rimasto immutato e che vive, più che altro, dalla clientela notturna formata da giornalisti, artisti, letterati, etc. - L'ingresso è laterale in fondo, e si passa davanti al banco. Dalla parte opposta si apre la saletta da biliardo. Due file di tavolini nella sala. Il caffettiere al banco legge il giorane, registra le consumazioni. In un cantuccio il Professor Cambise e il vecchio pensionato giocano al domino. Saetta vecchio cameriere, si attarda qua e là sui piedi che gli dolgono. Nella sala del biliardo giocano tre artisti.
UNO DEI TRE - (Seguendoil corso della palla) Beve beve beve ...
UN ALTRO – Non beve, non beve…
IL TERZO – Tre e quattro sette: sette e venticinque fa trentadue: trentadue e quattro bazzica. Ora si che bevo. (Chiama) Saetta.
SAETTA – Pronti. (Va nella saletta a prendere le ordinazioni)
PENSIONATO – (Che ha sempre il tono lamentoso) Che baccano! E’ impossibile giuocare. E anche lei, Maestro, non metta la pedina di traverso.
CAMBISE – Non c’è luce. Sono lampade di cento anni queste.
PENSIONATO – Ma no. Non dica eresie. Cent’anni fa non c’era la luce elettrica.
CAMBISE – Bella scoperta! Non mi diventi meticoloso, cavaliere. Lei quanto perde…
PENSIONATO – Perdere… perdere… Adagio. Che stiano un po’ zitti di là, e poi me lo saprà dire se perdo.
SAETTA - (Attraversa dalla saletta al banco, gridando) Tre punch al mandarino.
PENSIONATO – (Di soprassalto) Che vadan di traverso a tutti quanti!
SAETTA – (A Gasperi e Doretta che sono entrati) S’accomodino signori. (Va a pulire il tavolino)
GASPERI – (Giovine attore che si dà dell’importanza, dirigendosi verso il tavolino che sarà poi occupato da Rolando d'Astico) Meglio da questa parte.
SAETTA – Scusino signori: questo tavolino è riservato.
GASPERI – Allora di qua. (Siede con Doretta).
PENSIOMATO – La porta Saetta, chiudi la porta. Ci vogliono mandare all’altro mondo che queste correnti.
SAETTA – Subito cavaliere. (Va a chiuderla).
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