Lo strano caso di Salvatore Cecere.
C'è, forse, un ritorno al teatro di Viviani, non tanto per affinità fra i due attori quanto perché questa nuova Compagnia, che si ripropone un repertorio di larga napoletanità, da quel teatro attinge e a quel teatro si riporta. E il filone della grande commedia partenopea che fa centro a Scarpetta. Si sono dipartiti da un ramo i De Filippo, soprattutto Eduardo, che ha dovuto cedere davanti al pirandellismo del teatro moderno. L'altro ramo, invece, noi lo consideriamo il teatro di Viviani: prorompente, accorato, festoso, amalgamante personaggi e situazioni in un'orbita di vasta coralita. Macchiettistico anche, se vogliarno, ma del miglior macchiettismo. A quel teatro, dunque, ci fa pensare questa compagnia e ci riporta alla prima commedia rappresentata prima all'Alfieri di Torino e poi al Nuovo di Milano, nel mese di ottobre, "Lo strano caso di Salvatore Cecere" di Armando Curcio. Il personaggio, affidato alla furbesca interpretazione di Nino Taranto, passato dalla rivista alla prosa, è uno di quegli indefinibili e fantasticì personaggi che si animano nei bassi napoletani: indovino ed elargitore di ambi e di terni quando si trova in condizioni particolari, cioè digiuno. Di qui la necessità, per la sua e I'altrui fortuna, di non nutrirlo. Intorno a lui, casi e personaggi si mescolano e si complicano con varia coloritura e disegno. Seguirli sarebbe smarrirsi nelI'intrico dei vicoli napoletani, che hanno un infinito percorso di strade. Alla fine, ritroviamo Cecere rimpinzato e quindi meno profeta, come pure una sua figlia che ha potuto svolgere un suo caso d'amore. Il tutto risente un po', ma forse è accortamente voluto, della provenienza rivistaiola e di canzoni non cantate. Ma la cosa non disturba. Il teatro di Viviani è cominciato dal varietà, dal virtuosismo del "posteggiatore" ed è giunto ai vertici ai quali il grande attore lo ha portato. Nella mora del tempo è indubbiamente degradato; per rìtrovarlo bisogna, forse, rifaccia uguale percorso. E noi auguriamo a Nino Taranto, che è attore di molto estro, d'impegno e serietà artistica, di andare assai avanti nella strada, per la fortuna sua e per quella di un teatro nel quale fermamente crediamo. Il successo è stato nutritissimo di continua ilarità, di gioioso diletto. Accanto a Nino Taranto, si sono distinti un gruppo di attori sceltissimi, tutti bravi e precisi, spontaneamente comunicativi. Si dovrebbe nominarli tutti, ma diamo col loro merito, le eccezioni: Vittoria Crispo, Jole Fierro, Aldo Giuffrè.
Vittorio Vecchi