Ugo Falena scrisse la prima commedia a sedici anni: Lettere d’amore; un atto; debuttò ufficialmente non ancora ventenne al Teatro Nazionale di Roma, prima con un dramma in un atto “Trionfi dell’anima”, poi con un dramma in quattro atti “Gli illusi”. Poi seguirono due schietti successi popolari: una commedia brillante “Il pappagallo” e un dramma storico “Jolanda”. Entrò poi nel giornalismo romano e fu nominato insegnante di Letteratura drammatica alla Scuola municipale nazionale di Roma allora diretta da Pietro Mascagni. Ha tenuto fino a poco tempo fa la critica drammatica del Popolo romano: nel 1906 ritornando al teatro con “I morti” dramma in un atto rappresentato dal Talli al Costanzi di Roma portò nella sua arte una parola di indiscussa severità. L’anno dipoi con il “Passato” all’Argentina di Roma nell’interpretazione della Stabile diretta da Edoardo Boulet e Ferruccio Garavaglia, apparve un autentico poeta e uomo di teatro. Seguì un nuovo successo con “Il signor Principe” commedia in quattro atti al Valle di Roma con la Compagnia di Flavio Andò, quindi “L’aquila” al Sannazzaro di Napoli con la stabile romana e “Gli assenti” che qui offriamo ai lettori. Ugo Falena fu direttore della Stabile di Roma e sotto la sua direzione avvenne la messa in scena de “La nave” di Gabriele D’Annunzio.
Novelliere, conferenziere, elegante, poeta facile e spontaneo, non ha sdegnato di fare anch’egli la sua incursione nel campo dell’arte muta e insieme con Luigi Mancinelli e Duilio Cambellotti ideò e attuò il Poema sinfonico illustrato che costrinse il cinematografo ad esulare dalle sale di proiezione per conquistare i grandi teatri.
GLI ASSENTI - a Maria Melato
Dramma in tre atti di Ugo Falena
Rappresentato la prima volta al Teatro Manzoni di Milano dalla Compagnia Talli – Melato – Betrone diretta da Virgilio Talli la sera del 22 marzo 1918.
Personaggi: MARIA – PAOLO – DON ELIA – CLARA – BARABBA – MATTIA – UBALDO – UNO SCEMO – UNA CAMERIERA – DUE VECCHI – UN RAGAZZO.
ATTO PRIMO.
Una vecchia villa seicentesca fiorita dal fianco di una montagna umbra, quasi disabitata. La sala terrena. Dal mezzo per l’ampio portale che s’s'apre sopra una scala a due rampe, si scorge il parco che un’agile schiera di pioppi trattiene a stento. A sinistra e a destra, porte. Il broccatello consunto e scolorito che ricopre le pareti, la mobilia parca e severa, il soffitto di legno a decorazioni policrome, i rari stucchi e le pietre rozze che costringono le porte massicce e cupe danno all’ambiente un senso di abbandono. Pure, qua e là, qualche ninnolo, qualche oggetto di raffinata eleganza moderna, cuscini sparsi sui divani bassi, un pianoforte con un libro aperto sul leggio, indicano che la presenta di un eletto spirito femminile ridesta l’anima di quelle morte cose. E’ un tramonto. Un tramonto del giorno e della primavera. L’ampia cortina verde del paesaggio, fascia la villa di silenzio.
CLARA – Signora Maria! Signora Maria! (Appare per la scala del portale. Ha le braccia colme di fasce di ginestre. Non è bella ma graziosa e veste con un’eleganza semplice e istintiva. Si inoltra) Signora Maria! Signora Maria!
MARIA – (Appare da sinistra) Clara! Quanti fiori. Grazie. Grazie. Piccina mia, sembri vestita di fiori. (Prendendone qualche fascio) Che profumo! Hai spogliato la montagna!
CLARA – Ce ne vuole per spogliarla! Si direbbe che il manto di broccatello della Madonna scenda giù, dal santuario sino a valle…
MARIA – Aiutami. (Entrambe cominciano a riempire di ginestre le anfore e i vasi sparsi sui mobili)
CLARA – E il signor Paolo?
MARIA – Non c’è. Ti fa paura?
CLARA – No, mi dà soggezione, con quel suo aspetto di uomo che pare venga dal mistero.
MARIA – Bambina! Bambina!
CLARA – Beata lei che è amata da un poeta.
MARIA – E’ per questo che mi infiori ogni sera la stanza? (Nel chinarsi attorno a un grande vaso, i loro visi quasi si toccano). Come sei accaldata! Hai corso? Devi essere stanca? Vuoi bere qualcosa?
CLARA – No, no signora…
MARIA – Perché hai voluto affaticarti così? Non mi hai mai portato tanti fiori.
CLARA – Perché… stasera parto.
… … …